Gli affreschi della cappella angioina in Borgo San Dalmazzo:Paragrafo Descrizione oggetto
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Gli affreschi della cappella angioina in Borgo San Dalmazzo:Paragrafo Descrizione oggetto
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La cappella angioina è una cappella affrescata collocata nella chiesa di San Dalmazzo a Borgo San Dalmazzo, l'antica abbazia di Pedona. Oggi sono riconoscibili solo alcuni lacerti riportati alla luce dagli scavi degli anni Cinquanta e Novanta, che testimoniano l'importanza di un cantiere decorativo le cui complesse vicende sono state oggetto di una certa fortuna critica ma ancora da dipanare completamente. Nel 1594 una deposizione giuridica degli anziani di Borgo san Dalmazzo riportava la leggenda della committenza della cappella con le reliquie di San Dalmazzo, detta quindi "angioina", da parte della regina Giovanna d'Angiò. All'epoca la cappella doveva essere decorata con Storie di san Dalmazzo, ma l'analisi dei lacerti rivenuti ne ha fatto spostare la datazione intorno al 1465-1474. Le decorazioni riconoscibili raffigurano colonne fitomorfe, un santo vescovo non identificabile, un san Giovanni evangelista e un santo Stefano durante la lapidazione. In particolare, quest'ultimo è stato attribuito nel 1986 da Mario Perotti alla bottega dei Biazaci, un'ipotesi ripresa da Carlo Tosco (per confronto con gli affreschi di Sampeyre e di Valmala), che ha proposto un coinvolgimento della figura di Pietro da Saluzzo per gli elementi ornamentali. Giovanna Galante Garrone, invece, ha ravvisato la maniera di Giovanni Baleison. Si tratta di tre figure di frescanti particolarmente attive sul territorio, i cui linguaggi artistici hanno giovato di una reciproca influenza: questa comunanza, associata all'esiguità dei frammenti rinvenuti, rende particolarmente ardua una identificazione certa della bottega che vi lavorò, ma conferma una datazione intorno al 1470. Dal 1438 l'abbazia era alle dipendenze del vescovo di Mondovì Aymerico Segaudi, cui si può riferire la committenza della cappella. La decorazione esisteva ancora nel 1583, quando veniva descritta dalla visita di monsignor Scarampi, ma nel Seicento le reliquie vennero spostate in una nuova cappella e quella "angioina" venne progressivamente abbandonata. Nel Settecento, probabilmente per volere del vescovo Isnardi, fu interrata per erigere al di sopra una sacrestia.
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