Un tempo oratorio privato dell’antico castello signorile, il sacello era ornato da un ciclo di affreschi dedicato alla vita della Vergine. Commissionata da Bartolomeo Solaro – feudatario di Caraglio dal 1393 – la decorazione era stata conclusa nel 1410, data che si poteva leggere sulla volta a crociera che chiudeva l’ambiente fino al 1816, quando la copertura, già manomessa per consentire un ingresso più agevole, rovinò al suolo, riducendo in briciole l’iscrizione dataria insieme alle immagini dei santi Domenico, Benedetto e Antonio che campeggiavano nelle vele. Oltre ad essere stata compromessa dal crollo, la fisionomia originaria del racconto murale è stata irrimediabilmente alterata nel 1818. In seguito ad alcuni episodi miracolosi la cappella – diventata un polo devozionale – è stata infatti inglobata nel presbiterio di un vero e proprio santuario. L’operazione di enshrinement ha comportato la distruzione di due delle quattro pareti e la conseguente perdita delle scene raffiguranti la Visitazione, la Fuga in Egitto, l’Annunciazione e la Natività di Cristo. Sui muri superstiti sopravvive ancora una narrazione distribuita su due registri separati da semplici cornici monocrome. Sulla parete nord si succedono i riquadri che hanno come protagonisti i genitori di Maria (Gioacchino tra i pastori, Incontro alla Porta Aurea, Nascita di Maria) mentre sulla parete sud compaiono il Ritrovamento di Gesù al Tempio, la Vergine tra gli Apostoli nel Cenacolo e la Preghiera di Maria.