Nel 1742 i padri domenicani del convento di Garessio contattano lo scultore genovese Francesco Maria Schiaffino per commissionargli l'esecuzione dell'altare maggiore da collocare nel presbiterio della loro chiesa. Intitolato a San Vincenzo Ferreri, il luogo di culto era stato ricostruito nel primo quarto del secolo e stava gradualmente impreziosendosi di opere lapidee e stucchi installati nel corso di diverse campagne decorative. Rivolgendosi a Schiaffino, i predicatori coinvolgono il titolare di un'impresa ormai avviata, un professionista esperto sia come scultore di figura sia come ideatore di aggiornati apparati per gli edifici religiosi, nei quali, in piena linea con il gusto settecentesco, dispiega delicati motivi ornamentali e intarsia con inserti policromi disegni raffinati, trasformando le micro-architetture in aggraziati elementi decorativi. Il contratto siglato tra la committenza e il marmoraro valutava l'opera 5.300 lire - da corrispondersi come da prassi in più rate - e fissava la consegna dell'arredo entro il mese di ottobre di quello stesso anno. Il termine venne rispettato, anche se a causa delle difficoltà logistiche determinate dalla cattiva stagione si preferì lasciare i pezzi in giacenza presso la bottega genovese dell'artista fino all'estate del 1743, quando vennero incassati, imbarcati su nave, trasferiti a Ceriale e da qui inviati a Garessio dove furono infine assemblati dallo scultore e dai suoi allievi nella chiesa domenicana tra il 17 giugno e il 16 luglio.